Testo scritto per l’80° dell’UDI.
Letto e commentato da Vittoria Tola, Responsabile nazionale, in occasione dell’evento all’archivio del Quirinale il 28 marzo 2025 insieme al CIF
L’Unione Donne Italiane celebra quest’anno i suoi ottant’anni insieme alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo.
Per questo vogliamo ricordare che il nome della nostra associazione appare per la prima volta a Parigi nel 1936, nella scelta di donne profughe esiliate fuggiasche perseguitate condannate dalle leggi ingiuste del nostro paese, donne che in terra straniera si riconobbero più che mai italiane cercando l’unità nella tessitura di una trama di relazioni che aveva come qualità fondamentale l’antifascismo.
Insieme all’UDI quelle donne idearono, l’anno successivo, il giornale Noi donne, che ritroviamo a Napoli dal luglio 1944 e come foglio clandestino della resistenza nell’Italia occupata, fino a diventare il giornale dell’Unione Donne Italiane dal Congresso di unificazione con i GDD nel 1945.
In quel nome, UDI, c’era la forma embrionale e variamente consapevole di quella ricerca di autonomia della soggettività politica femminile e di aspirazione alla libertà di autodeterminazione che sarà poi il filo rosso delle lotte delle donne fino ad oggi.
L’abbiamo modificato in Unione Donne in Italia nel 2004 per specificare senza possibilità di fraintendimento l’apertura dell’UDI a tutte le donne che vivono nel nostro paese.
Nel nome c’è la lunga carsica gestazione che emerge nel ’44 con le donne che vivono la liberazione di Roma e si esprimerà pienamente nella fondazione, attraverso la fusione con i Gruppi di Difesa della Donna, nati nel ’43 a Milano, nel Congresso di Firenze dell’ottobre 1945.
L’Udi è perciò coetanea della Repubblica democratica, di cui è stata matrice e ideatrice con il pensiero e l’azione delle tante donne protagoniste della Resistenza al nazifascismo, impegnate nella ricostruzione del paese e nelle lotte per i diritti di cittadinanza fondamentali per la costruzione della democrazia.
Con l’ispirazione democratica, che sarà poi espressa anche nell’art. 3 della Costituzione, l’UDI è aperta a tutte le donne senza distinzione di fede, di appartenenza famigliare o politica, di razza, classe o istruzione e su questa base cercherà l’incontro e la collaborazione con altre istanze e associazioni di donne, a cominciare dal CIF che nasceva nello stesso anno.
Impegnata da subito nella conquista del voto e via via dei fondamentali diritti civili e sociali, l’UDI si mobilitò per salvare bambini e bambine dalle macerie del dopoguerra attivando la solidarietà tra famiglie e territori in nome della nuova cittadinanza democratica; mobilitò donne e uomini nella raccolta di 3 milioni di firme per la pace e il disarmo nucleare che furono portate nel 1948 alle Nazioni Unite; condusse la lotta per il riconoscimento dell’atroce danno di guerra alle donne stuprate dalle truppe coloniali dell’esercito francese; continuò mobilitando le contadine per la cancellazione dell’iniquo Coefficiente Serpieri in agricoltura, le casalinghe per il diritto alla pensione, tutte le donne per i servizi all’infanzia, il diritto allo studio e il rinnovamento della scuola, la riscrittura del patriarcale diritto di famiglia e la cancellazione di ogni legittimazione legale alla violenza contro le donne, l’autodeterminazione nelle scelte riproduttive e l’affermazione del valore sociale della maternità, nel costante dialogo interno ed esterno all’associazione con donne di generazioni politiche diverse e sempre diverse per età, classe sociale, istruzione, cultura, ruolo sociale e politico, provenienza territoriale: le donne dell’UDI hanno saputo incontrarsi e scontrarsi su questioni cruciali per l’esistenza sociale e la presenza politica delle donne su un piano di parità egualitaria senza mai aspirare all’omologazione che, cancellando la differenza, riconduce le donne al sostegno di una politica discriminatoria e una società ingiusta.
Sono le questioni che ci riguardano ancora oggi: dalla pace come unica dimensione possibile di governo dei conflitti sociali, politici, territoriali, alla rivendicazione di pari opportunità che non si appiattiscono sull’emancipazione imitativa ma spostano la visione verso una società in cui il cosiddetto lavoro di cura diventa scienza della vita quotidiana, fondata sulla libertà nelle scelte sessuali e riproduttive, nell’affermazione dell’inviolabilità del corpo femminile, sul diritto al lavoro, al governo del proprio tempo, ad una casa sicura in territori liberi da inquinamento e sfruttamento.
L’Udi è stata un’associazione generativa di altre associazioni e altre storie, in un continuo confronto con nuove soggettività, alla continua ricerca di concretezza nella risposta ai bisogni delle donne, con la capacità di costruire contrattazioni e lotte collettive fino a cambiare leggi e istituzioni mentre mutavano le relazioni tra generi e generazioni nella vita di ogni donna, per una libertà che si fonda sull’esercizio della responsabilità di sé e del mondo.
Anche l’8 marzo, nato nell’internazionalismo pacifista delle donne, sopravvissuto nella testimonianza clandestina delle antifasciste, è rinato in Italia grazie alle donne dell’UDI nella libertà conquistata nella Resistenza al nazifascismo.
Con le nostre antenate continuiamo a pensare la mimosa come gesto d’invito a un incontro, a un dialogo, come affermazione della vita contro le macerie e le morti lasciate dalle guerre, ancora fedeli a un simbolo che ha segnato la presenza delle donne nella rinascita civile di giustizia e democrazia.
Proibita e sequestrata dalle forze dell’ordine come fiore sovversivo negli anni ‘50, conquistata dal mercato per depotenziarne il messaggio di sorellanza tra donne negli anni ‘90, per noi dell’UDI è la staffetta di memoria che ci è cara, simbolo di lotte e conquiste, di parole passate da donna a donna con il gesto mite di un fiore che esplodeva col suo inno di vita sugli alberi di Roma finalmente libera.
Lo ricordiamo in questo 2025 di anniversari con la consapevolezza dell’eredità ricevuta da tante donne che vogliamo offrire liberamente alle donne che vorranno raccoglierla, alle tante sconosciute che sentiamo vicine perché continuiamo a pensarci donne oltre ogni confine.
Le donne dell’UDI hanno costruito luoghi, sedi, case, occasioni, percorsi, patti invitando a condividere un sogno: la mia coscienza di donna dentro un grande movimento organizzato per cambiare le nostre vite, conservando nei nostri archivi disseminati in tutta Italia, a cominciare dall’Archivio Centrale, una memoria che non si cristallizza ma rinasce di progetto in progetto, che passa di mano in mano, con i sogni che mantengono radici tenaci in ogni tempesta.
Nel passaggio delle generazioni riconosciamo riconoscenti la lunga strada percorsa, talvolta in poche, talvolta in molte e moltissime, sempre percorsa per la liberazione di tutte, per i diritti di ognuna.
Un impegno che non cancella i diritti degli uomini ma li vuole realizzati in una società giusta, amorevole, pacifica, lungimirante, generativa di futuro.
Ricordiamo come quando e con chi ci siamo conquistate il diritto di esistere come donne, in ogni luogo e modo, nelle leggi e nell’amore, nelle famiglie e nei lavori, senza modestia e senza arroganza, con determinazione e coraggio, ascoltando il dolore e seminando gioia.
Con i nostri corpi disarmati e disarmanti. Con le nostre bandiere di pace.
E sempre con la mimosa, scelta dalle partigiane, tra le mani alzate a triangolo nel segno del femminismo.