LE DONNE DELLA RESISTENZA, LA RESISTENZA DELLE DONNE
In Studi e ricerche di storia contemporanea n. 100
LE DONNE DELLA RESISTENZA, LA RESISTENZA DELLE DONNE
- Testi e contesti per capire l’8 settembre
Ogni settimana ascolto una trasmissione di Rai Radio 3 che trovo interessante. Ogni volta però mi sembra pazzesco che si intitoli ancora Uomini e profeti.
Vengono invitate a parlare anche donne, ovviamente, e i conduttori cercano di dire “uomini e donne”, ma il titolo di una trasmissione, in cui si esprimono prevalentemente persone colte e non violente, resta lì a segnalare una violenza simbolica che non viene percepita come tale e resta a segnare la persistenza del potere maschile e patriarcale sulla lingua, la storia e, di conseguenza, sull’immaginario. Immaginario degli uomini e anche delle donne, che seguono gli stessi percorsi di studi, approfondiscono gli stessi autori e qualche rara autrice, pensano e si pensano attraverso la stessa sintassi, le stesse metafore, le medesime storie, collocandosi poi necessariamente e perfino involontariamente in un posizionamento sociale più determinato di quanto magari vorrebbero.
Le profete, termine che il correttore automatico mi segnala come errore, sono molte e spesso citate nella trasmissione ma restano invisibili nell’impianto che rafforza il maschile in ben due sostantivi: “uomini” cancella la presenza delle donne, che pure ci sono nella trasmissione (anche se non quanto i maschi) e “profeti”, che rende invisibili o eccezionali (ed occasionali) le profete, appunto. Evito la parola “profetesse”, che non è mai entrata nell’uso, com’è accaduto invece a professoresse diventate familiarmente prof., perché il suffisso conserva il sapore dispregiativo di un allungamento pesante, di un’aggiunta tollerata.
Suggerisco: Donne Uomini e profezie, titolo che toglierebbe ai profeti la monumentalità, rifuggita del resto da molti, e restituirebbe visibilità a un modo di profetare, quello femminile appunto, che ha segnato la storia e le vite e di cui è stata a lungo interdetta la memoria.
Cosa c’entra con le donne della Resistenza? Il meccanismo (o dispositivo direbbe Bourdieu[1]) è lo stesso: le donne esistono, ma vengono rese invisibili come genere (cioè stabilmente più della metà della popolazione del territorio) e cancellate quando esprimono una dimensione collettiva che al massimo viene registrata come imprevista. L’organizzazione politica poi viene di solito ignorata, sottovalutata o annotata in forma ancillare, come nel caso dell’Udi e, proprio nella Resistenza, dei Gdd.[2]
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