Da anni ormai avverto una sorta di reticenza a parlare di stupro (così come a parlare d’aborto) quasi che il silenzio possa diventare anche magica protezione del corpo, e lo è in parte, di quel corpo-parola che continuamente dobbiamo esporre nudo nei suoi sentimenti, nelle sue ragioni più intime e violate proprio da una mediazione verbale costretta ad interloquire secondo l’abito che altri hanno ritagliato per noi.
Ogni volta che parlo e scrivo di stupro mi trovo infatti a dover censurare immagini, suoni, gesti, parole che aderiscono alla mia storia come una seconda pelle per trovare quel giusto tono che consenta alle mie ragioni di essere “ragionevoli”. Leggi tutto “Parole per uno stupro”