Difendere la legge 194

La periodica aggressione nei confronti della legge 194 rappresenta l’indicatore più evidente del progressivo degrado della vita politica, così come il costante attacco all’applicazione della legge stessa favorisce e s’intreccia con quella crescente violenza sulle donne che segnala il degrado della vita civile.

Le donne rispondono con mille forme di resistenza quotidiana e con la visibilità del multiforme mondo dell’aggregazione femminile, come abbiamo visto nell’ultima manifestazione.

Sappiamo tutte però che non basta.

Vi è un grave deficit di rappresentanza delle donne nella democrazia di questo paese e non sono state trovate forme esplicite di dialogo tra il variegato mondo del femminismo, che ancora resiste nonostante censure cancellazioni mistificazioni, e il piccolo nucleo di donne elette nelle più alte istituzioni dello stato.

In questi trent’anni sulla legge 194 si è detto quasi tutto, ma non è credibile nessun dibattito se non si parte dalla consapevolezza che l’autodeterminazione, affermata per la prima volta con questa legge, rappresenta quel fondamento del diritto di cittadinanza che per gli uomini è stato da sempre la naturale certezza dell’Habeas corpus.

“Abbi la disposizione del tuo corpo”: la certezza del diritto fondata sul corpo maschile stenta a recepire quella differenza originaria e ineliminabile che è la possibilità di procreare propria del corpo femminile.

Partendo da qui possiamo cominciare a parlare davvero.

I meccanismi elettorali hanno di fatto sbarrato quasi totalmente l’accesso all’eleggibilità per le donne, soprattutto a quelle cresciute politicamente nelle associazioni del femminismo, perciò forse non è possibile tecnicamente dire che le donne rappresentano le donne, ma è un dato di fatto che non ci sarebbero donne nei banchi del Parlamento  se non ci fossero state le lotte per l’emancipazione e non crescono candidature femminili senza la visibilità politica delle donne.

Come semplice cittadina mi rivolgo a tutte le senatrici e deputate.

L’aggressione all’autodeterminazione delle donne è un attacco al fondamento della cittadinanza di tutte, e quindi tanto più a voi che esercitate questo diritto al più alto livello previsto dalla democrazia.

Tra noi, donne della società civile, e voi, che sedete in Parlamento, c’è un vuoto pericoloso, che riduce noi al silenzio, nonostante tutte le nostre manifestazioni, e voi all’insignificanza.

Abbiamo bisogno che questo vuoto cominci ad essere attraversato da una vostra iniziativa collettiva.

Non una ad una, appoggiando questa o quella manifestazione, ma insieme, perché le differenze di ognuna possono esprimersi politicamente solo se a tutte è riconosciuto il fondamento della libertà. 

So che un dialogo non si improvvisa, che richiede pazienza disponibilità lungimiranza e soprattutto tempo, ma il tempo è adesso e lo sappiamo tutte fin troppo bene.