Clandestina

Scivoli lungo i muri alzati intorno ai nostri asfittici cuori, ogni giorno, ogni notte.

Sull’autobus, il metrò, la bicicletta, dentro le strade incerte dell’alba, oltre le periferie del tramonto, ai margini delle sfavillanti centrali del consumo, nel cono d’ombra dei nostri turpi mercati, in balia del caso o della carità, o del nulla se ti ammali, senza diritto alla giustizia perché la tua vita è aggrappata alle catene dell’ingiustizia.

Ringrazi per il lavoro nero, l’affitto nero, il buco nero in cui ti costringiamo ogni giorno e ogni notte, sollievo alle nostre miserie di malati e vecchie, mani e sorrisi sapienti, nenie d’altri tempi e terre, per i bambini che non abbiamo tempo di accudire, erede di quei gesti di cura necessari che noi donne ricche non sappiamo contrattare sulla bilancia delle grandi agenzie che stabiliscono il valore della vita.

Ti chiediamo affetto e ti è preclusa la famiglia, pretendiamo la tua onestà a garanzia della nostra evasione fiscale, ti affidiamo al rischio per dormire i nostri sonni tranquilli.

Clandestina perché lo sono le nostre vicende più intime, i cedimenti più segreti, i sentimenti più cancellati, clandestina come le bandiere di libertà uguaglianza e pace che abbiamo chiuso nei cassetti della storia, piegate a garanzia del privilegio, della sopraffazione, della menzogna, della guerra.

Clandestina come la nostra coscienza, la nostra sazia solitudine, la nostra benestante miseria.

Per questo ti appartengono, nei giorni di sole, le piazze e i giardini della città, disegnate dal cuore di quella politica che noi non frequentiamo più.

Tu paria della società, noi piccole parvenu ammesse al servizio nelle stanze dei potenti; chi è la più pezzente?

in MAREA 4/2008