Blog & Blob (2011)

“Si è sempre attribuita ai bambini, ai folli e agli animali una intuizione particolare per quanto riguarda la sincerità o l’insincerità delle attitudini umane: perché è facile dichiarare qualcosa verbalmente, ma è difficile sostenere una bugia nel regno dell’analogico” scriveva Paul Watzlawick nel 1967.
La comunicazione tra individui passa prevalentemente dal non verbale: movimento, postura, gesti, atteggiamenti, espressioni del viso, inflessione della voce hanno radici nella storia arcaica della specie e agiscono in ogni contesto in cui ha luogo un’interazione.
L’era digitale ha globalizzato la comunicazione riducendo le distanze spaziali e contraendo la misura temporale. Un’enorme potenzialità per il bisogno di relazione degli umani di cui network e blog sono testimonianza attuale.
Ma cosa si comunica quando le parole vivono nella contrazione del tempo e nell’azzeramento dei contesti, così aderenti al presente da essere consumate quasi nell’atto stesso dell’enunciazione?
Il blog può trasformarsi in blob?
Nel mondo digitale mentire è facilissimo, persino inconsapevole e qualche volta diventa la regola.
Nei vari social network si collezionano amici come un tempo le figurine, alle quali sono molto simili i cosiddetti profili in rete.
Escluso il non verbale, la comunicazione on-line viene privata dei corpi e dei contesti, potenziata nelle possibilità di circolazione lo è anche nella capacità di manipolazione e mistificazione.
La scrittura oggi si accompagna all’immagine-video che può colonizzazione l’immaginario modellando le forme dell’umano: diventa più difficile scoprire la menzogna nell’espressione dei volti aderenti alla fiction che hanno deciso di interpretare.
Le donne, ancora escluse dalle grandi agenzie di comunicazione istituzionale, possono trovare nel web quella possibilità che i caratteri a stampa hanno rappresentato per il popolo nel 1500 e forse proprio per questo i corpi femminili sono i più utilizzati come significante in qualsiasi comunicazione pubblicitaria: rendere muti i corpi è un modo per imporre alle persone il rumoroso silenzio delle parole vuote.