Paura

9 agosto 2019
Questa mattina mi sono alzata con un sentimento di paura. Non lo spavento per una minaccia reale o temuta ma qualcosa di profondo, che riemerge e non si lascia blandire da nessuna rassicurazione.
Paura per qualcosa che è già accaduto e la sensazione di impotenza che strozza la voce in gola.
Un sentimento che si aggrappa a ogni cellula del mio corpo, più potente della rabbia, più intrusivo della tristezza, più muto di qualsiasi silenzio.
Il sentimento della mattina in cui è cominciata la prima guerra del golfo, di quando è arrivata la notizia di Sabra e Chatila, del colpo di Stato in Cile, della strage di Piazza Fontana, dell’assassinio di Moro e ancora ancora ancora, prima e dopo e sempre.
Morti e morti e morti e giochi di guerra infiniti.
Ma intanto si vive e non ci teniamo la paura accanto, non la coltiviamo, noi cerchiamo di crescere la vita con la speranza, di fare il meglio che possiamo, di gioire per le cose belle.
Accantoniamo la paura, piangiamo i morti e cerchiamo riparo per i viventi.
Non coltiviamo la paura perché cerchiamo di vivere in pace.
Ma oggi so che devo ascoltare questa paura. Ho paura di chi alimenta l’odio, ho paura delle complicità di chi minimizza, ho paura del mio stesso silenzio, della mia piccola impotenza, di chi cancella la mia cittadinanza.
Ho paura dell’inadempienza di umanità che dilaga come un contagio.
Scrivo queste parole come un messaggio in una bottiglia perché trovino mani che sanno ascoltare, donne e uomini con cui trovare un modo per agire.
Mi aggrappo a qualsiasi parola pronunciata da chi può farsi sentire.