Resterà a lungo nei codici, e in Italia praticamente fino al 1989, sedimentando l’idea che senza la violenza le ragazze non avrebbero spontaneamente accondisceso alla conoscenza del piacere sessuale.Lo stupro in Italia è stato considerato un reato contro la morale, cioè meno grave del furto, fino al 1996.Facendo un salto al presente è nota, spero a tutti, la lotta della donne africane contro la pratica dell’infibulazione, particolarmente difficile proprio perché la locuzione ‘diritti dell’uomo’ non valeva per le donne. È stata necessaria una decisione delle N. U., dopo il solenne incontro di Pechino del 1995, per affermare che anche i diritti delle donne sono inclusi nei diritti umani, a segnalare che la negazione del nome è il primo passo per la negazione del diritto all’integrità del corpo.Se non hai nome, non hai esistenza e il tuo valore è così inferiore che in alcuni paesi come India e Cina la modernità dei mezzi tecnologici che consentono di conoscere il sesso del nascituro viene utilizzata per mantenere l’antica pratica dell’infanticidio femminile nella forma dell’aborto selettivo.La fatica è aggiungere, come se la specie non fosse originariamente due grazie alla straordinaria invenzione biologica che, se ci pensiamo, permette ad ogni individuo, sia maschio che femmina, di essere intanto diverso e diversa da ogni altro/a. (Lynn Margulis e Dorion Sagan, 1991)In attesa di confrontarci con Mo, la creatura che viene dal pianeta Deneb nel quale il sesso non viene segnalato alla nascita perché irrilevante (Bianca Pitzorno, 1979) a noi conviene forse dar conto di tutta la straordinaria ricchezza che la specie umana porta per differenza, a cominciare da quella tra i sessi.”Mi è capitato, non molto tempo addietro, di presentare insieme ad illustri studiosi della comunicazione un libro. E poiché osservavo che un libro sulla comunicazione comunica poco, se censura metà del mondo non nominandolo, uno degli altri della tavola rotonda cominciò a sproloquiare sui ‘diritti delle signore’ e che cosa vogliamo ancora e se davvero io pure ero una di quelle che avrebbero voluto che si dicesse che “la sindaca ha diritto a un sentinello”: certo un esempio facile facile venuto in mente lì per lì. Poiché ho ribattuto che possiamo cominciare a sessuare il linguaggio nei miliardi di volte in cui si può fare senza nemmeno modificare la lingua, e poi ci occuperemo dei casi difficili, ecco subito di nuovo a chiedermi perché mai mi sarei accontentata di così poco.Se è tanto poco, dicevo, perché non si fa?Non si fa perché il nome è potere, esistenza, possibilità di diventare memorabili, degne di memoria, degne di entrare nella storia in quanto donne, non come vivibilità, trasmettitrici della vita ad altri a prezzo della oscurità sulla propria. Questo è infatti il potere simbolico del nome, dell’esercizio della parola. Trasmettere oggi nella nostra società è narrarsi, dirsi, obbligare ad essere dette con il proprio nome di genere.” (Lidia Menapace, in MonicaLanfranco, 1983)Non è facile cambiare abitudini linguistiche in forma inclusiva, ma non c’è limite alla creatività, che in questo campo non ha costi e richiede solo di adeguare l’immaginario, e quindi la lingua che lo esprime, alla complessità del reale.Anch’io in questo testo scrivo per tentativi cercando di trovare un equilibrio tra l’uso corrente del neutro maschile che rende il testo più “scorrevole” e l’uso del femminile accanto al maschile per suggerire a chi legge la realtà sessuata della specie umana nella7
quale le femmine sono stabilmente più della metà e non un caso particolare del maschile o una sua derivazione o malformazione come variamente si è creduto nei secoli. (Thomas Laquer, 1992)L’etica è costume e abitudine, forse dovremmo cominciare a pensarla come patto e converrebbe radicarla nella giovanissima democrazia, nelle speranze di cui investiamo il futuro invece che nei gravosi sedimenti del passato.Ogni neonato/a ha bisogno della mamma e insieme hanno bisogno del papà e i tre (o quattro o più) hanno bisogno di relazioni “carezzevoli”, di essere riconosciuti/e come persone nella propria individualità e per ciò che fanno nel difficile lavoro di crescere piccole persone.Le quali a loro volta crescendo hanno bisogno di un mondo più grande e appartenenze sicure: la possibilità di abitare un territorio, frequentare una scuola, essere curate/i, ascoltati/e e via via tutti i diritti che la convenzione del N.U. riconosce a bambini e bambine, ancora lontanissimi dal poter essere realizzati.Il compito sembra immenso, ma ogni donna e uomo può affrontarlo ascoltando la propria infanzia e ricordando che: “Ogni bambino affronta nel suo modo peculiare, con differente intensità, con tempi personali, con diversa consapevolezza il suo essere bambino, il suo percorso di crescita. Molte cose si possono imparare ascoltando le parole dei bambini e guardandoli vivere.” (Dolores Munari Poda, 2003)Come dice Ibu Robin, che aiuta le donne a partorire serenamente anche nelle condizioni più difficili, in Aceh dopo lo tsunami, nei terremoti a Yogyakarta, a Padang e ad Haiti dove,in collaborazione con le levatrici tradizionali locali, ha fondato e continua a gestire case per il parto, perché ogni bambino e bambina venga accolto nel mondo dall’abbraccio della propria mamma, “Il mondo si salva un bambino alla volta”. BIBLIOGRAFIA Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana, Commissione per la realizzazione della parità tra uomo e donna, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1987 – Bianca Pitzorno, Extraterrestre alla pari, Einaudi, 1979 – Dolores Munari Poda, Piccole persone, piccoli copioni, Treni in transito, Milano2003 Elena Gianini Belotti, Prima le donne e i bambini, Rizzoli, Milano, 1980 – Lynn Margulis, Dorion Sagan, La danza misteriosa, Arnoldo Mondadori, MilanoEditore 1992 (Ed. Or. Mystery dance, 1991) – Monica Lanfranco, Parole per giovani donne, 1983 – Thomas Laquer, L’identità sessuale dai Greci a Freud, Laterza, Roma-Bari, 1992 – Tzvetan Todorov, Di fronte all’estremo, Garzanti, 1992 (Ed. or.:Face à l’extrême, Éditions du Seuil, 1991)